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Solo la poesia sa cantare ogni cosa

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SOLO LA POESIA SA CANTARE OGNI COSA

MAURIZIO SOLDINI

 

Nella nostra società non solo la poesia non vende, come abbiamo sentito più volte in questi ultimi tempi, e gli editori non la pubblicano più, ma certamente i poeti non godono di quella notorietà e stima che invece è riservata a calciatori, cantanti e in genere a tutti i personaggi del mondo dello sport, dello spettacolo, del cinema e della televisione. Anzi essere poeta oggi potrebbe significare essere additato dalla maggior parte delle persone come un alieno, una mosca bianca, ovvero fuori dal coro e dal mondo, per il fatto che non si è concreti, pragmatici, utilitaristi, razionali, nel senso che si devia per qualche verso dalla mentalità tecno-scientifica e da un fare che dovrebbe condurre al prestigio sociale e al benessere economico. È risaputo, infatti, dai tempi antichi che carmina non dant panem, la poesia non solo non arricchisce, ma non dà da mangiare. Per fortuna non tutti la pensano così, e del tutto recentemente si è levata una voce più che autorevole a favore della poesia e dei poeti. La voce è quella di papa Francesco, risaputo estimatore della letteratura e della poesia, che tra l’altro ha intrattenuto nel passato rapporti con poeti della levatura di Borges. Difatti, nella lettera enciclica Laudato si’il papa sostiene, tra le altre cose, che le soluzioni alla complessa crisi ecologica non possono venire soltanto dalle scienze empiriche e dal pensiero tecno-scientifico e dal suo metodo positivo. I rimedi possono arrivare anche da altre dimensioni.

Tra queste cita la poesia, che compare ben tre volte nel testo dell’enciclica, che è in grado di interpretare e trasformare la realtà in conformità alla ricchezza delle tradizioni culturali e spirituali dei diversi popoli.

Dice Francesco: «Se si vuole veramente costruire un’ecologia che ci permetta di riparare tutto ciò che abbiamo distrutto, allora nessun ramo delle scienze e nessuna forma di saggezza può essere trascurata, nemmeno quella religiosa con il suo linguaggio proprio». Non si può pretendere che a spiegare la vita sia solo la scienza col suo metodo e col suo linguaggio, ma va dato atto alle capacità di comprensione della vita e dell’esistenza a metodi e linguaggi altri come quello della religione e della poesia. Se così non fosse, infatti, sparirebbero «la sensibilità estetica, la poesia, e persino la capacità della ragione di cogliere il senso e la finalità delle cose». Il linguaggio della letteratura, e in particolare quello della poesia, consente di contemplare il mistero di Dio in tutte le creature, evitando l’idealizzazione assoluta dell’interiorizzazione: Dio non abita solo nella nostra anima, nella nostra interiorità, ma è presente anche nell’esteriorità in tutte le persone e in tutte le cose, là dove ci è concesso incontrarlo e riconoscerlo.

Contemplando persone e cose sappiamo riconoscere il mistero e la grazia di Dio, come diceva san Bonaventura. Difatti «c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero» che nessuno sa fare meglio del poeta col suo linguaggio proprio. Non a caso Francesco cita il mistico del sufismo Ali Al-Khawwas, che diceva: «Non occorre criticare a priori coloro che cercano l’estasi nella musica o nella poesia. C’è un segreto sottile in ognuno dei movimenti e dei suoni di questo mondo. Gli iniziati arrivano a captare quello che dicono il vento che soffia, gli alberi che si flettono, l’acqua che scorre, le mosche che ronzano, le porte che cigolano, il canto degli uccelli, il suono delle corde o dei flauti, il sospiro dei malati, il gemito degli afflitti».

L’atteggiamento estatico e contemplativo dei poeti, allora, non avrà una utilità immediata, ma ha la finalità nobile di comprendere la realtà esteriore e interiore attraverso il linguaggio, che modula e trasforma il modo di pensare nella casa comune per la salvaguardia di tutto e di tutti. È per questo che non bisogna criticare i poeti. Ed è per questo che la poesia va letta e apprezzata.

 

AVVENIRE, 9 luglio 2015

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

Nell’enciclica “Laudato si’” papa Francesco mostra l’insufficienza del pensiero tecnico e scientifico. E cita proprio la poesia

 

 

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